domenica 20 luglio 2008

politica-scritto da aldo cazzullo



15/07/2008
Lo strano caso Sicilia
Aldo Cazzullo*

In un Paese normale, se un presidente si dimette per aver favorito un mafioso, vince l'opposizione. Lo stesso vale per una città ridotta come il centrodestra ha lasciato Catania. Ma la Sicilia non è un paese normale. Così, il sodale del presidente dimissionario prende più del doppio dei voti del suo antagonista. E il centrodestra riconquista Catania con percentuali che Berlusconi giustamente definisce bulgare.
Non solo: la personalità del sindaco di Palermo, giunto al secondo mandato, è tale da far nascere li leggenda metropolitana di un suo prolungato ricovero in ospedale, smentita con tanto di cartella clinica.

I siciliani hanno davvero tante ragioni per essere soddisfatti dei loro amministratori, Gli ultimi dati Istat direbbero il contrario. Il reddito dei siciliani è due terzi della media nazionale; prendere denari a prestito per qualsiasi intrapresa costa molto più che nel resto d'Italia. Soltanto un prodigo o un masochista potrebbero investire in un'azienda produttiva in Sicilia. Infatti l'economia è basata sulla rendita, sulla sanità, sulle utilities di una regione di sei milioni di abitanti che consuma energia, gas, luce (non l'acqua che spesso manca) a livelli occidentali, anche se versa meno di un sesto delle tasse della Lombardia.

Questo accade in una terra di commovente bellezza, ricchissima per natura e storia, che potrebbe essere un paradiso in terra.
Se gli amministratori di centrodestra sono stati riconfermati con percentuali tra il 70 e l'80%, e non in paesini ma in province da oltre un milione di abitanti come Palermo e Catania, evidentemente il problema è l'opposizione. Nella politica siciliana, il centrosinistra è residuale. AI suo interno è diviso in due parti: quella, minoritaria, degli sdegnati; e quella degli integrati, che recitano la parte degli oppositori, ammessi agli avanzi del banchetto della dispendiosissima Assemblea regionale e dei numerosi enti, cliniche convenzionate con la Regione, società municipalizzate.

Liberi i pochi simpatizzanti di scegliere tra la saccente indignazione di un Claudio Fava (173 voti nella "sua” Catania) o lo humour cinico di un Mirello Crisafulli («se fossi di Forza Italia sarei già a Guantanamo» è la sua migliore battuta, citata da Pietrangelo Buttafuoco). Non è sempre stato così. Sull'isola lui quasi sempre comandato l'ala moderata della Dc, ma la sinistra ha espresso una classe dirigente di livello nazionale, i Bianco e gli Orlando, i Macaluso e i La Torre, Girolamo Li Causi e Pompeo Colajanni, che entrò in Torino alla testa delle brigate Garibaldi come Barbato. Oggi, in Sicilia più ancora che altrove la destra degrada la politica a prosecuzione degli affari con altri mezzi, e la sinistra misura la propria distanza dal popolo, la propria incapacità di sentire come le persone semplici, e di rappresentarle.




*Dal Magazine del Corriere della Sera






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